Al contrario di quello che si potesse immaginare le olimpiadi giapponesi del 2021 ce le ricorderemo per un bel pò di tempo e non solo per la pandemia. Anzi, in barba a tutti gli scettici, nonostante l’assenza di pubblico Tokio 2021 passerà alla storia come la olimpiade più seguita da un punto di vita mediatico ma soprattutto multimediale.
Non mi vergogno nel confermare che spesso e volentieri, oltre alla canonica TV nazionale, ho fatto ricorso ad un sano PC per non perdermi neanche un italiano in gara e come me credo l’abbiano pensato in molti. Comunque, al di là delle contingenze, questa edizione dei giochi ci ha regalato 40 momenti straordinari tanto quante sono le medaglie che l’Italia è riuscita a conquistare. Facendo un piccolo paragone alla fine dei giochi, può sembrare un gioco di parole, abbiamo superato di gran lunga il numero di medaglie conquistate in quel di Rio nel 2016 e questo è buon segno!
Questo non vuol dire che il resto della comitiva azzurra non abbia fatto il suo dovere, mentirei se lo affermassi. Una riflessione comunque va fatta. Senza nulla togliere alla delusione per un risultato mancato, partecipare ad un olimpiade è già di per sé una grande conquista, almeno per me e per Mister De Coubertin assertore dell’atavico principio” l’importante è partecipare”. Meno male per il nobile sportivo se alcune sue asserzioni circa il divieto delle donne a partecipare ai giochi, non abbiano trovato, nel tempo, terreno più fertile.
Dopo 125 anni Tokio registra la più alta partecipazione di atlete e questo riscatta in qualche modo, l’impresa di Stamàta Revithi la maratoneta bloccata all’ingresso dello stadio olimpico durante i Giochi di Atene del 1896 per avere sfidato il divieto di partecipazione. Senza ombra di dubbio, e da donna ne vado fiera, la presenza di 186 atlete nella squadra olimpica da l’esatta dimensione della realtà sportiva che stiamo vivendo ed è una bella realtà.!
A Tokio, non lo dimentichiamo, ci siamo presentati con 384 atleti, la più numerosa di sempre, al pari dell‘Inghilterra ‘Olanda, Germania e Francia, non certo quanto i padroni di casa o quella americana o cinese. e questo ci sta! Eppure le emozioni forti non sono mancate: la medaglia d’oro di Vito Dell’Aquila nel taekwando, sport inserito da quest’anno nel programma olimpico, è stata un biglietto da visita importante, così come quella conquistata da Massimo Stano e Antonella Palmisano nella 20km di marcia, il doppio argento di Luigi Samele nella sciabola,
Bellissimo il bronzo nel Judo di Maria Centracchio, lo straordinario argento conquistato a 34 anni da Giorgia Bordignon nel sollevamento pesi, il terzo posto di Vanessa Ferrari e delle Farfalle azzurre. Potrei continuare, la lista sarebbe lunga ma nessuno è escluso dalla nostra gratitudine.
Gli occhi lucidi e la mano sul petto raccontano anni di fatica, amarezze, rinunce, sacrifici fatti per raggiungere anche il più piccolo obiettivo. Tante le storie a lieto fine e quelle che hanno quasi gridato al miracolo come l’argento negli 800 stile libero, e quello di bronzo in vasca libera di Gregorio Paltrinieri colpito un mese prima dei giochi dalla mononucleosi, l’appassionato addio all’agonismo di Federica Pellegrini, fino all’abbraccio commovente di Gimbo Tamberi e Marcel Jacobs. e lo splendido oro della staffetta 4×100 con un Filippo Tortu da brividi.
Non c’è molto da dire, ad un certo punto, il mondo è stato costretto a guardarci e applaudirci. In un nano secondo abbiamo polverizzato certezze e secondi, saliti oltre l’asticella, smontato ataviche convinzioni, e su quel podio stregato ci siamo saliti noi, abbiamo cantato tutti l’inno nazionale ed è stata una bella sensazione!
E se pensavamo di avere esaurito le sorprese ecco che su quel podio ci siamo saliti ancora una volta con i ragazzi della squadra paraolimpica capaci di regalarci con orgoglio ben 60 medaglie di cui 30 solo nel nuoto. Con loro abbiamo imparato il senso della resilienza, la voglia di lottare, andare oltre ogni limite, superare le avversità, qualunque esse siano. Il sapore della vittoria è quello conquistato arrivando al traguardo non certo superando gli altri, in poche parole, la vera gara è con sé stessi e questo dovrebbe farci riflettere.
Non ci sono storie facili, dietro ai sorrisi di soddisfazione si celano situazioni difficili, incredibili nella loro tragicità ma tutte affrontate con coraggio perché la vita è un bene e prezioso e va vissuta fino in fondo. Ognuno nella propria difficoltà ha scelto di andare avanti mettendosi alla prova e non ha fallito.
“E bello poter far vedere il futuro agli altri in momenti in cui a loro sembra che il futuro non ci sia più.”
Le parole di Bebe Vio traducono bene il senso di condivisione di chi ha scelto di partecipare alla vita senza tirarsi indietro, accettando gli smarrimenti, le cadute, le depressioni. Che belle le cinque medaglie di Carlotta Gigli, capace di conquistare l’oro nei 200 misti abbassando il record del mondo, l’oro nell’atletica di Ambra Sabatini nei 100 T63, quello conquistato da Bebe Vio nel fioretto dopo aver rischiato di morire per un’infezione ossea.
Non meno importanti l’argento di Elisabetta Mijno e Stefano Travisani nel tiro con l’arco, il bronzo di Federico Mancarella nella canoa, l’argento della pesista ipovedente Assunta legnante, l’argento nel lungo di Martina Caironi, l’oro della staffetta di Hand bike e anche qui potrei continuare.
Non si tratta di solo di raccontare un sogno quanto la forza interiore per realizzarlo, è questo che rende possibile l’impossibile,
“I sognatori sono lottatori ma non te lo fanno pesare, hanno un senso del dovere fortissimo ma non lo impongono a nessuno, è una cosa che si portano dentro mentre espongono il loro sorriso come se fosse un arcobaleno. Non ci riescono proprio a vedere quel bicchiere mezzo vuoto, per loro anche la metà vuota non è vuota, è piena di aria, e l’aria è buona da respirare, e respirare è come bere, fa vivere.”
Bebe Vio docet!