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Grasso della pancia aumenta il rischio di malattie metaboliche

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Novembre 17, 2022
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Grasso della pancia aumenta il rischio di malattie metaboliche
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Uno studio sviluppato da TwinsUK ha dimostrato come il grasso della pancia sia correlato ad un rischio aumentato di incorrere in malattie metaboliche. La ricerca, coordinata dai ricercatori di King, la Dottoressa Jordana Bell e Colette Christiansen, ha studiato attentamente come i segni epigenetici (misure di come il corpo umano legge il DNA per influenzare il modo in cui funzionano i geni) nel tessuto adiposo cambiano quando si accumula il grasso della pancia.

I risultati dello studio Sono stati pubblicati sulla rivista medica Genome Medicine.

Grasso della pancia correlato alle malattie metaboliche: ecco perché

Per poter dare vita alla ricerca sono stati analizzati i dati di 538 partecipanti a TwinsUK e combinando dati genetici, funzione genica, dieta e salute, il team di ricerca ha analizzato attentamente i segni epigenetici nel genoma (l’insieme completo del materiale genetico di una persona) e ha rintracciato nove geni altamente rilevanti per il rischio di malattie metaboliche.

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Tra questi c’era un gene in cui i cambiamenti epigenetici identificati sono stati riconosciuti come un potenziale meccanismo attraverso il quale la dieta può influenzare l’accumulo di grasso della pancia, così come altri segni epigenetici che traducono gli effetti del rischio genetico sulla salute metabolica.

I risultati hanno anche permesso ai ricercatori di caratterizzare i cambiamenti molecolari che si verificano a causa di un aumento del grasso della pancia e l’impatto che questi cambiamenti hanno sulla funzione genica e sulla resistenza all’insulina.

Le malattie metaboliche, la più comune delle quali è il diabete, interrompono il normale metabolismo o il processo di conversione del cibo in energia a livello cellulare. Mentre studi precedenti in questo campo hanno esplorato il ruolo dei segni epigenetici nell’obesità generale utilizzando l’indice di massa corporea (BMI), l’accumulo di grasso della pancia in profondità all’interno dell’addome è noto per essere un fattore di rischio maggiore per la malattia metabolica rispetto al solo BMI.

“Con i tassi di obesità in rapido aumento in tutto il mondo, è importante capire in che modo il grasso corporeo elevato ci colpisce a livello molecolare e come questo si traduce nel rischio di malattie metaboliche“, ha affermato il Dottor Bell: “Il nostro studio ci avvicina di un passo a questo obiettivo identificando una firma epigenetica del grasso della pancia in eccesso, comprendendone i fattori scatenanti genetici e dietetici e caratterizzando i suoi impatti funzionali e le conseguenze cliniche per la resistenza all’insulina”.

Sulla base dei risultati dello studio, i ricercatori hanno anche sviluppato un predittore epigenetico di insulino-resistenza, mettendo in relazione i loro risultati con le conseguenze cliniche dell’aumento del grasso della pancia. Colette Christiansen, una ricercatrice della School of Life Course & Population Sciences ha dichiarato: “È emozionante vedere che quando combiniamo molti livelli diversi di informazioni biologiche, possiamo iniziare a svelare i meccanismi che guidano lo stato della nostra salute biologica”.

La Professoressa Katherine Esposito, Direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo e Professore Ordinario presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

Tra le massime esponenti di diabetologia ed endocrinologia in Italia e in Europa ha dichiarato: “Io nella mia vita ho studiato, sempre: man mano che crescevo diventavo sempre più consapevole del ruolo del medico e ho pensato che la ricerca fosse davvero una svolta. Perché a volte non bastava per salvare chi amavamo: quando un paziente non ce la faceva, io ho sempre pensato che fosse perché non avevamo abbastanza conoscenza, opportunità terapeutiche, farmaci per far sì che la malattia andasse via. La malattia sapeva più di noi in quel momento e la ricerca è un modo per scardinare la malattia”.

“Tutte le malattie di cui ci occupiamo, dal diabete a quelle endocrinologiche, neoplastiche e cardiovascolari, hanno tutte un suolo comune: quello che noi mangiamo. Dunque, abbiamo trasformato la prevenzione in qualcosa di concreto. Ho preso la piramide alimentare della dieta mediterranea e l’ho messa in un piatto. Cambiare la geometria dell’alimentazione è stata una scelta utile perché ormai la piramide della dieta mediterranea risultava cambiata passando da un contesto geografico e cronologico all’altro”.

“Abbiamo realizzato “Il regolo del piatto mediterraneo”, che è stato registrato alla SIAE nel maggio dell’anno scorso e riportato sia in inglese che in italiano. In questo piatto ci sono tutte le cose che io ho studiato, ma le abbiamo riportate nella maniera più efficace possibile per arrivare alla gente. Attraverso il regolo tutti, adulti e bambini, possono comporre il piatto che dona salute quotidianamente. Questo era il mio obiettivo. La dieta mediterranea è ricca di sostanze che spengono l’ infiammazione che è alla base di tutte le malattie metaboliche, cardiovascolari, oncologiche e degenerative. Pertanto è fondamentale riconoscere che tutto ciò che non è infiammazione diventa salute”.

“La libertà scientifica è una cosa fondamentale: la scienza non può mai essere a servizio di nessuno, ma solo a servizio della salute. Questa è la nostra storia, fatta di uomini e donne che ci credono e vogliono informare: questo è il primo pilastro per costruire la salute e che è il nostro obiettivo primario. Noi dobbiamo dare alle persone, attraverso la dieta mediterranea e la ricerca, la possibilità di ammalarsi di meno e convivere meglio con la malattia: in entrambi i casi ne vale la pena”.

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