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Diabete T1 legato a problemi di salute mentale

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Novembre 30, 2022
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Diabete T1 legato a problemi di salute mentale
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Secondo un ampio studio sviluppato da una squadra di ricercatori del Karolinska Institutet, il diabete T1 ha un legame con l’incidenza delle sofferenze mentali sia nei pazienti che nei loro familiari più stretti rispetto alle persone senza diabete. Secondo la nuova ricerca, è necessaria una consulenza psicologica sia per i bambini che per le loro famiglie nella cura del diabete.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Diabetes Care.

Diabete T1 e sofferenze mentali: ecco che cosa ha rivelato la nuova ricerca

Lo studio ha rivelato che che i bambini e gli adolescenti con diabete T1 sono maggiormente a rischio di incorrere in problemi di salute mentale come depressione, ansia e disturbi legati allo stress e che queste comorbidità possono ostacolare un’assistenza ottimale.

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Le attuali linee guida dell’International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD) raccomandano lo screening per i problemi di salute mentale nei bambini con diabete T1, ma non affrontano adeguatamente i bisogni dei familiari più stretti come genitori, fratelli e cugini, che sono anch’essi a maggior rischio di contrarre problemi di salute mentale. Inoltre, le ragioni alla base dell’associazione tra problemi di salute mentale familiare e diabete T1 non sono completamente comprese.

“Molti clinici presumono intuitivamente che il diabete in un bambino influisca negativamente sulla salute mentale sia del paziente che dei membri della famiglia”, ha dichiarato Agnieszka Butwicka, assistente professore presso il Dipartimento di epidemiologia medica e biostatistica, Karolinska Institutet, e autore senior dello studio: “Ma pensiamo che la risposta non sia così semplice. Il nostro studio indica che potrebbe esserci anche una componente genetica dietro questa associazione”, ha aggiunto Butwicka.

La ricerca ha esaminato attentamente circa 3,5 milioni di persone nate in Svezia tra il 1973 e il 2007 e i loro genitori biologici, fratelli e sorelle e cugini. A più di 20.000 persone è stato diagnosticato un diabete t1 a esordio nell’infanzia ed è stato rivelato che questi individui hanno un rischio quasi raddoppiato di ammalarsi di depressione e circa 1,6 volte più alto il rischio di incorrere nell’ansia e nei disturbi legati allo stress rispetto ai soggetti senza la diabete.

Anche i loro genitori fratelli e cugini sono inclini a rischi alquanto elevati di avere l’ ansia e disturbi legati allo stress, anche se in misura minore, mentre i loro fratellastri e cugini non hanno questo tipo di legame  o sono solo leggermente più elevati per alcune condizioni: “Questi risultati sono di elevata rilevanza clinica perché significano che l’intervento terapeutico dovrebbe coinvolgere anche i familiari stretti, non solo i pazienti”, ha spiegato Agnieszka Butwicka.

Poiché genitori-figli, fratelli e cugini condividono più materiale genetico (circa il 50%) rispetto ai fratellastri (circa il 25%) e ai cugini (meno del 12,5%), i la squadra di ricercatori ha dichiarato che il risultato supporta l’idea che i geni possano essere un fattore che contribuisce ai problemi di salute mentale nel diabete T1. Tuttavia, poiché questo è solo uno studio osservazionale, gli studiosi non possono dire in modo definitivo cosa causi le associazioni: “Sono necessari ulteriori studi per comprendere appieno i contributi genetici e ambientali sottostanti che guidano i disturbi psichiatrici nel diabete di tipo 1”, ha concluso Shengxin Liu, Ph.D. ricercatore al Karolinska Institutet e autore corrispondente dello studio.

Marie-Eve Robinson, endocrinologa pediatrica del Children’s Hospital of Eastern Ontario, Università di Ottawa, in Canada, ha dichiarato: “Uno dei problemi principali è che la gestione del diabete T1 può essere particolarmente travolgente per un giovane, per via della responsabilità di iniettarsi insulina ogni singolo giorno della vita, monitorare i livelli glicemici e fare attenzione a dieta ed esercizio fisico”.

“Il burnout del diabete è una condizione che può colpire chi è affetto da un qualsiasi tipo di diabete. Le persone possono risultare incapaci di sopportare la pressione data dal dover gestire la condizione giorno dopo giorno, e questo può comportare un innalzamento dei livelli glicemici e un conseguente aumento del rischio di complicanze e di chetoacidosi”, ha continuato l’esperta.

“Questa ricerca è importante perché dimostra che il passaggio alle cure per l’età adulta è probabilmente associato a un maggior rischio per la salute mentale», ha spiegato la Dottoressa Marie-Eve Robinson: “Dal momento che i bambini diabetici verranno inevitabilmente curati come gli adulti, è fondamentale che gli operatori sanitari valutino lo stato della salute mentale di adolescenti o giovani adulti durante questo periodo di transizione, in modo da fornire un supporto adeguato. Questo potrebbe potenzialmente ridurre i tentativi di suicidio e i disturbi psichiatrici”.

La dottoressa Robinson insieme al suo team di collaboratori ha sviluppato uno studio di coorte retrospettivo per misurare lo sviluppo di disturbi dell’umore, problemi psichiatrici, tentativi di suicidio, decessi e visite psichiatriche tra i 15 e i 25 anni in 3.544 adolescenti con diabete T1 e quasi 1,4 milioni di adolescenti non diabetici.

“Nel periodo in cui i giovani affetti da diabete passano dall’assistenza pediatrica a quella per gli adulti, corrono un rischio maggiore di tentare il suicidio e di sviluppare problemi psichiatrici rispetto ai coetanei sani. Gli operatori sanitari dovrebbero informarsi sulle idee suicide e sulle alterazioni della salute mentale nei giovani diabetici. I nostri risultati dimostrano la necessità di aumentare le risorse per la salute mentale al fine di supportare questi pazienti”, ha specificato Robinson.

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“Oltre alle sfide legate all’adolescenza, i giovani adulti con diabete che passano alle cure per l’età adulta devono adattarsi a un medico di tipo diverso e a una nuova struttura terapeutica. I giovani adulti tendono a percepire i pediatri come più focalizzati sulla famiglia e meno formali rispetto ai medici che si occupano degli adulti e questo a volte può rendere difficile la transizione” ha concluso l’esperta.

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